Gli ebrei dall'italia verso la Svizzera
1943-1945
Negli anni dell'occupazione tedesca dell'Italia (1943-1945), migliaia di ebrei italiani, europei e apolidi, constretti ad abbandonare le proprie case per evitare la deportazione, tentarono di attraversare clandestinamente il confine italo-svizzero per trovare rifugio in territorio elvetico. Renata Broggini nella Frontiera della speranza ricostruisce — sulla base di documenti conservati in archivi svizzeri e italiani, e grazie a testimonianze scritte e colloqui diretti con i protangonisti — le drammatiche vicende di queste famiglie, dal momento della partenza sino al L'atteso rientro in patria. Alcuni fuggiaschi caddero vittime di passatori che li tradirono (»Ogni ebreo ha il suo prezzo«), altri vennero arrestati dalle milizie repubblichine, altri ancora furono respinti dalle guardie di frontiera svizzere: »Chi siete? Cosa volete? Non è vero che in Italia gli ebrei sono perseguitani«. Non tutti riuscirono, dunque, a farcela: »Siamo ebrei,abbiamo tentato di espatriare visto che L'Italia non ci vuole, ma nemeno la Svizzera ci ha voluto«. Quelli che invesce riuscirono a passare, circa 6000, ebbero la possibilità di recuperare la loro identità negata e la loro dignità: »Sentiamo di poter presto ritornare noi stessi, seppur attraverso altre sofferenze e altre privazioni, ma non avremo più da celare L'esser nostro sotto falsi nomi , potremo andare a testa alta, lontani dai delatori e dai venduti allo straniero«.
Gli accolti, i meno abbienti come i benestanti, gli intellettuali di spicco come le persone qualunque (»Ah, comodo! Viene qui a fare il signore in Svizzera. No, no assolutamente. Qui si deve lavorare«, furono in maggioranza internati in campi di smistamento e poi avviati in campi di lavoro distibuiti nei vari Cantoni oppure ospitati, dietro garanzia finanziaria, presso pensioni e case private.
Dalle parole dei sopravvissuti, dai loro diari e lettere riemergono i motivi della fuga, i preparativi per la partenza, gli itinerari seguiti, la paura, la solidarietà tra rifugiati, L'esperienza dell'internamento e quella del lavoro, le occasioni di insegnamento e di studio, di svago e di preghiera, i momenti difficili agognato della liberazione dal controllo militare e quello del ritorno a casa. »Dove prevedete di andare a fine guerra? « si chiede in un questionario distribuito tra i rifugiati. »Speriamo di essere di nuovo accolti dalla patria che non abbiamo mai perduta« rispondono quasi tutti, anche se, per qualcuno, »L'oblio non sarà possibile«.
La frontiera della speranza, oltre alle vicende personali di coloro que hanno trovato in Svizzera una »salvezza inquieta«, delinea un quadro ampio e documentato della delicatissima questione dei rifugiati ebrei e dell'atteggiamento della Condfederazione elvetica tra accoglienza e chiusura, questione oggi al centro di discussioni e polemiche.
Renata Broggini, ticinese, nata a Locarno, da anni svolge ricerche sui fuorusciti italiani in Svizzera durante la Seconda guerra mondiale. Ha pubblicato I rifugiati italiani in Svizzera e il foglio »Libertà!«. Antologia di scritti 1944-45 (1979) e Terra d'asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-45 (1993). Ha curato inoltre le Pagiane ticinesi di Gianfranco Contini (1986), il Diario di Filippo Sacchi, 1943-44. Un fuoruscito a Locarno (1987), il Diario di Eugenio Cefis, 12.X.44-15.XI.44 (1996) e i saggi La »Famiglia Mussolini«. I colloqui di Edda Ciano con lo psichiatra svizzero Respond (1944-45) (1996) e »Con la vita a prestito«. Don Carlo Gnocchi, rifugiato in Svizzera, nei documenti della Curia di Lugano (1944-45) (1997).
Juden aus Italien in die Schweiz
1943-1945
Während der deutschen Besetzung Italiens (1943-1945) versuchten Tausende italienischer, europäischer und staatenloser Juden, die gezwungen waren, ihre Häuser zu verlassen, um einer Deportation zu entgehen, heimlich die italienisch-schweizerische Grenze zu überqueren, um auf Schweizer Territorium Zuflucht zu suchen. . Renata Broggini an der Grenze der Hoffnung rekonstruiert - auf der Grundlage von Dokumenten, die in Schweizer und italienischen Archiven aufbewahrt werden, und dank schriftlicher Zeugnisse und direkter Interviews mit den Protangonisten - die dramatischen Ereignisse dieser Familien vom Moment der Abreise bis zur erwarteten Rückkehr nach Hause . Einige Flüchtlinge fielen Schmugglern zum Opfer, die sie betrogen hatten (»Jeder Jude hat seinen Preis«), andere wurden von den republikanischen Milizen festgenommen, wieder andere von den Schweizer Grenzschutzbeamten abgewiesen: »Wer sind Sie? Was willst du? Es ist nicht wahr, dass Juden in Italien verfolgt werden «. Es gelang daher nicht allen: "Wir sind Juden, wir haben versucht, Italien zu verlassen, da Italien uns nicht will, aber die Schweiz uns auch nicht wollte." Diejenigen, die investieren, haben es geschafft, ungefähr 6000 zu bestehen, hatten die Möglichkeit, ihre verweigerte Identität und ihre Würde wiederzugewinnen: "Wir haben das Gefühl, dass wir bald zu uns selbst zurückkehren können, wenn auch durch andere Leiden und andere Entbehrungen, aber wir werden uns nicht länger verstecken müssen Unter falschen Namen können wir mit erhobenem Kopf weit weg von Informanten und von denen, die an den Ausländer verkauft werden «.
Die Begrüßten, die weniger Wohlhabenden sowie die wohlhabenden, prominenten Intellektuellen wie die einfachen Leute ("Ah, das ist praktisch! Er kommt hierher, um ein Gentleman in der Schweiz zu sein. Nein, absolut nicht. Hier muss man arbeiten", sie wurden meistens in Lagern interniert Sortieren und dann in Arbeitslager geschickt, die in den verschiedenen Kantonen verteilt sind oder unter finanzieller Garantie in Renten und Privathäusern untergebracht sind.
Aus den Worten der Überlebenden, aus ihren Tagebüchern und Briefen, den Gründen für die Flucht, den Vorbereitungen für die Abreise, den folgenden Reiserouten, der Angst, der Solidarität zwischen Flüchtlingen, den Erfahrungen mit Internierung und Arbeit, den Möglichkeiten zum Unterrichten und von Studium, Erholung und Gebet, die sich nach schwierigen Momenten der Befreiung von der militärischen Kontrolle und der Rückkehr nach Hause sehnten. »Wohin wollen Sie am Ende des Krieges gehen? «Wird in einem Fragebogen unter Flüchtlingen verteilt. »Wir hoffen, wieder in der Heimat willkommen zu sein, die wir nie verloren haben«, antwortet fast jeder, auch wenn für einige »Vergessen nicht möglich sein wird«.
Die Grenze der Hoffnung skizziert neben den persönlichen Geschichten derer, die in der Schweiz "unruhige Erlösung" gefunden haben, ein breites und dokumentiertes Bild der sehr heiklen Frage der jüdischen Flüchtlinge und der Haltung der Schweizerischen Eidgenossenschaft zwischen Akzeptanz und Schließung, die heute im Mittelpunkt steht von Diskussionen und Kontroversen.
Renata Broggini, Tessin, geboren in Locarno, forscht seit Jahren während des Zweiten Weltkriegs an italienischen Flüchtlingen in der Schweiz. Er hat italienische Flüchtlinge in der Schweiz und das Blatt »Libertà!« Veröffentlicht. Anthologie der Schriften 1944-45 (1979) und Land of Asylum. Italienische Flüchtlinge in der Schweiz 1943-45 (1993). Er gab auch die Ticinesi Pagiane von Gianfranco Contini (1986), das Tagebuch von Filippo Sacchi, 1943-44, heraus. Ein Flüchtling in Locarno (1987), das Tagebuch von Eugenio Cefis, 12.X.44-15.XI.44 (1996) und die Aufsätze Die »Famiglia Mussolini«. Edda Cianos Gespräche mit der Schweizer Psychiaterin Respond (1944-45) (1996) und »Mit Leben auf Leihbasis«. Don Carlo Gnocchi, Flüchtling in der Schweiz, in den Dokumenten der Kurie von Lugano (1944-45) (1997).